23 agosto 1914, Mons, cittadina del Belgio francofono, nella regione della Vallonia, 70 km a sud-ovest di Bruxelles e a pochi chilometri dal confine francese. Cinquemila soldati del B.E.F. (British Expeditionary Force), inviati dagli inglesi in aiuto del Belgio, sono travolti da circa 21.000 soldati tedeschi e costretti a una rovinosa ritirata. I soldati germanici avevano sfondato le linee inglesi e li stavano aggirando con la cavalleria ma non erano comunque riusciti a sferrare il colpo decisivo. Il B.E.F. riusciva quindi a ritirarsi fino a 40 km circa da Parigi, riunendosi alle truppe francesi per poi appostarsi sul fiume Marna e da lì approntare una linea difensiva. Molto probabilmente, i soldati tedeschi erano provati e stanchi, come si vide anche nell’offensiva della Marna il mese successivo. Inoltre, la loro cavalleria non poteva certamente lanciarsi in un rapido inseguimento sulle tracce degli inglesi dovendo coprire la propria fanteria da possibili attacchi.

Il Governo Britannico e la Chiesa d’Inghilterra devono però provvedere d’urgenza a rianimare l’umore delle truppe e quello dell’opinione pubblica inglese. Ed ecco che, un mese dopo, il 29 settembre, il giornalista e scrittore gallese Arthur Machen, amante dell’occulto, amico e seguace di Aleister Crowley, il famoso mago ed esoterista inglese, pubblica un articolo sul periodico londinese Evening News.

Le truppe inglesi sono state salvate niente di meno che da uno squadrone di angeli: i soldati, in preda a una sorta di isteria collettiva iniziano a parlare di figure spettrali, armate del tradizionale long bow, l’arco lungo inglese, che avevano messo in fuga la cavalleria germanica facendone imbizzarrire i cavalli e uccidendo i tedeschi senza lasciare in loro ferite evidenti.

The Bowmen
La copertina del libro di Arthur Machen, contenente il racconto uscito in precedenza sul quotidiano Evening News, unitamente ad altre leggende sulla Grande Guerra. Il volume uscì nel 1915, sulla scia del successo suscitato dall’articolo

Successivamente, gli angeli si trasformano, quando il racconto inizia a passare di bocca in bocca, negli arcieri inglesi morti, e rimasti senza sepoltura, nella battaglia di Azincourt del 1415 contro le armate francesi al tempo della Guerra dei Cento Anni. A corroborare la sua tesi, Machen riferì di essere in possesso di alcune lettere ricevute da soldati che avevano combattuto a Mons e che descrivevano “una lunga schiera di ombre trasparenti, circondate da un alone luminoso”. Quando il “gioco” iniziò però a diventare troppo grande, Machen, evidentemente spaventato dalla piega degli eventi, affermò che il racconto era solo frutto della sua fantasia. Ma oramai era troppo tardi: i cappellani militari della Chiesa d’Inghilterra e l’intelligence britannica si erano già messi in moto.

Gli Angeli di Mons
L’apparizione degli angeli in un acquerello del 1915, opera dell’artista Alfred Pearse, capitano, durante la Grande Guerra, della New Zealand Rifle Brigade, e autore di numerosi altri quadri di argomento patriottico

Nel settembre del 1915, solo un anno dopo i fatti, uscì nelle sale un cortometraggio, naturalmente muto, dal titolo The Angels of Mons, prodotto dalla G.B. Samuelson Productions, una casa di produzione britannica nata proprio nel 1914 per diffondere film di propaganda e realizzatrice, durante la guerra, di ben 40 pellicole.

Ormai la storia era divenuta una leggenda popolare e tale continuò anche dopo il conflitto. Scrittori come Louis Pauwels e Jacques Bergier, autori, nel 1960, del bestseller Il mattino dei maghi, scrissero come le lettere dei soldati non era state inviate a Machen ma direttamente all’Evening News, giurando, sul proprio onore, che stavano raccontando la pura e semplice verità.

Sulla longevità di questa leggenda nell’opinione pubblica inglese basti ricordare come essa venne ripresa nel 2001 grazie a un articolo apparso sul popolare The Sunday Times. Il giornalista sostenne di aver ritrovato nella Woodchester Mansion (una delle più famose case infestate di tutta l’Inghilterra, nel sud del Paese) il diario di un soldato, tale William Doidge,  nonché alcune prove fotografiche e cinematografiche in un baule nel negozio di un antiquario a Monmouth, vicino al luogo di nascita di Arthur Machen, che avrebbero dimostrato la reale apparizione degli angeli di Mons. Naturalmente si scatenò molta attenzione: giornali come Variety e il Los Angeles Times, oltre a diversi programmi televisivi, iniziarono a seguire e a diffondere la storia. Nel 2002, nella trasmissione radiofonica della BBC The Making of an Urban Myth, l’antiquario, Daniel Sullivan, ammise però che la storia era in realtà una truffa, creata per suscitare interesse per la Woodchester Mansion e che non erano mai mai esistiti né il filmato e né tantomeno il soldato. A questo punto, il giornalista fu costretto ad ammettere di essersi inventato tutto. La leggenda degli “Angeli di Mons” è però ancora oggi popolare, come dimostrano i numerosi siti web per gli appassionati di misteri.

E’ indubbio, per concludere, concordare con le parole del grande storico inglese Eric Hobsbawm che, nell’introduzione al suo celeberrimo libro del 1983 L’invenzione della tradizione, così scrive: “molte tradizioni che ci appaiano, o si pretendono, antiche hanno spesso un’origine piuttosto recente, e talvolta sono inventate di sana pianta”. Siamo quindi in presenza, concordando con Hobsbawm, di una “tradizione inventata” frutto di un atto di volontà, avvenuto lungo un articolato processo creativo realizzatosi in breve tempo. In sostanza, gli angeli di Mons, con il loro richiamo all’orgoglio nazionale degli arcieri di Azincourt, rappresentano l’elaborazione di una risposta a un tempo di crisi e alla necessità di affrontare nuove situazioni. Niente di meglio quindi che il richiamo ad un passato glorioso, di fronte alle miserie del presente, per far acquistare a tale leggenda una forma di legittimità che perdura ancora oggi.

DANIELE RAMPAZZO

rampazzo.daniele@uniroma1.it