Con la riconquista di Giavera da parte italiana, finisce la prima giornata di battaglia ed anche la prima fase dei combattimenti, quella di movimento.
Avevamo perduto parecchi battaglioni e numerose batterie d’artiglieria, ed era qui sul Montello che l’irruzione austriaca delineava la sua massima pericolosità, non tanto per la profondità dello sfondamento, quanto per il valore tattico-militare della zona occupata.
Gli austro-ungarici sono attestati sul Montello in corrispondenza dei capisaldi di Casa Serena – Casa Carpenedo – Busa delle Rane, collegandosi alla pianura a Bavaria – San Mauro – Sovilla – Nervesa, ed attraverso il ponte di barche di Villa Jacur, cominciano a far affluire le prime unità di riserva (8^ Divisione di Cavalleria Appiedata e 41^ Divisione Honved ).
Il Comando Supremo italiano, dopo il momentaneo sbandamento iniziale, mette a disposizione dell’VIII^ Armata la 13^ Divisione (Brigata Palermo e Brigata Barletta) e la 50^ Divisione (Brigata Udine e Brigata Aosta) cercando così di tamponare la falla apertasi.
La giornata del 16 porta con sé l’inizio della seconda fase della battaglia, che con gl’inserimenti di truppe fresche si trasforma in una serie di attacchi e contrattacchi, tesi ad eliminare il nemico una volta per tutte, ma che però avranno l’effetto contrario creando una situazione di staticità.
Specialmente sul Montello, proprio per la sua morfologia, qualsiasi movimento di reparti diventa molto più complesso e spesso un attacco in forze si trasforma in piccoli combattimenti locali, dolina per dolina, colle per colle terminando spesso in cruenti corpo a corpo, generando caos e confusione sia tra i comandi che tra i combattenti.
Molti saranno i casi, in questi giorni, di “fuoco amico” (le artiglierie colpivano erroneamente le proprie fanterie), da ambo le parti.
Sporadici gli attacchi d’ambo le parti con irrilevanti progressi da parte del nemico, intento a far traghettare alla riva destra le restanti riserve delle tre Divisioni, sotto il tiro costante della nostra artiglieria ed aviazione.
L’immissione di truppe fresche ci consente di rioccupare parte del territorio perduto e dove non è possibile, almeno di mantenere le posizioni.
Dopo un attimo di smarrimento, prima di sera il nemico torna all’assalto con truppe scelte, armate di mitragliatrici e di bombe a mano.
Passa un’altra giornata che non ha visto ne vinti ne vincitori, ma soltanto logorio e perdita di uomini e di mezzi da ambo le parti.
Da questa lotta senza tregua, condotta con alterne vicende, fu dimostrato al nemico che era impossibile per lui ogni ulteriore avanzamento.
Durante la giornata del 17 giugno, ancora con cielo coperto e pioggia, tranne saltuarie violente azioni di assestamento, non si registrano episodi di rilievo.
La necessità degli austriaci di riordinare i propri reparti, di avvicinare le riserve e le artiglierie, permise anche agli italiani un più opportuno dislocamento delle proprie truppe ed artiglierie, per una razionale e vigorosa controffensiva generale.
Nella giornata del 18 giugno, finalmente con cielo sereno, continua il periodo di stasi, caratterizzato però dall’innalzamento provvidenziale del livello dell’acqua del Piave dopo giorni di pioggia.
La piena rompe, uno dopo l’altro, tutti i ponti di barche, trascinati alla deriva dalla corrente, rendendo così difficoltosi i collegamenti tra le due sponde, rallentando i rinforzi ed i rifornimenti; non possono più essere avviati verso le retrovie i feriti ed i prigionieri.
Cominciano a mancare i viveri e le munizioni. Viene chiesto di farne un uso parsimonioso. Ogni soldato ha a disposizione solo 50 pallottole per giorno in media, dovendo ben presto fare conto solo sul proprio pugnale.
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