25/29 MAGGIO 1915 – L’OCCUPAZIONE DI CORTINA D’AMPEZZO

In previsione dell’entrata in guerra il generale Cadorna aveva concepito un progetto operativo di largo respiro, che avrebbe inserito l’attacco italiano tra quelli degli Alleati in modo veramente coordinato ed efficace. Il capo di stato maggiore dell’esercito, infatti, aveva stabilito un piano d’azione che prevedeva di posizionare le truppe in modalità difensiva sul fronte trentino, in modalità offensiva sul fronte giulio e in una posizione neutrale dal Cadore alla Carnia.
Lo schieramento dell’Esercito Italiano fu adattato di conseguenza:
• La prima Armata fu schierata nel settore Trentino-Adige, dallo Stelvio alla Croda Grande.
• La seconda Armata dal M. Maggiore a Prepotto.
• La terza Armata da Prepotto al mare.
• La quarta Armata nel settore Cadore, dalla Croda Grande al M. Peralba.

Complessivamente il 13 giugno 1915, l’esercito italiano poteva contare su 569 battaglioni, 173 squadroni e 512 batterie di cui due quinti schierati a sbarramento dei 560 km di frontiera esistenti tra lo Stelvio e il monte Canin, due quinti sul fronte giulio (70 km) e circa un quinto formava le riserve.

fronte italiano 1915 24 maggio prima guerra mondiale

Per ciò che riguarda il piano d’azione del Comando austro-ungarico, il capo di Stato Maggiore, Franz Conrad von Hoetzendorf, aveva pensato ad un’azione risolutiva lampo, infatti, aveva spostato una cospicua massa di uomini nella conca di Lubiana.
Per l’attuazione di questo piano egli aveva richiesto l’aiuto di dieci divisioni tedesche ma il rifiuto del capo di Stato Maggiore germanico Erich von Falkenhayn obbligò a cambiare progetto, così Conrad decise di passare alla difensiva e di resistere sulle posizioni di confine per logorare l’esercito italiano con il minimo sforzo. Le posizioni di confine furono quindi solidamente preparate a difesa andando a completare ed aumentare l’efficienza delle fortificazioni che erano già presenti da diversi anni. Oltre agli sbarramenti montani furono eseguiti grossi lavori sul Rombon, sul Monte Nero, alle teste di ponte di Tolmino, di Gorizia e sul Carso.
L’esercito austro-ungarico deciso quindi a tenere almeno per il momento un atteggiamento difensivo, si schierò così:
• Armata del Tirolo, dallo Stelvio al Monte Peralba;
• Armata della Carinzia, dal M. Peralba all’alto Isonzo;
• Armata dell’Isonzo, dall’alto Isonzo fino al mare.

In complesso l’esercito asburgico poteva contare su 234 battaglioni, 21 squadroni, 155 batterie, a cui va aggiunto l’Alpenkorps bavarese la quale era dislocata nel Trentino anche se ufficialmente non era ancora stato dichiarato lo stato di guerra tra Italia e Germania.
Le forze austro-ungariche, numericamente inferiori a quelle italiane, avevano il grande vantaggio di combattere da posizioni naturalmente forti e compiutamente organizzate a difesa, con opere di fortificazione già precedentemente preparate.

Prima del completamento della radunata le forze italiane sulla linea di contatto procedevano all’occupazione di monte Altissimo, del paese di ala e soprattutto di Cortina d’Ampezzo (25 – 29 maggio).
Alcuni giorni prima dell’inizio della guerra, il generale Luigi Nava comandante della quarta Armata, mandò ai suoi comandi le direttive d’attacco contro il nemico. Gli obiettivi principali erano: l’occupazione del monte Piana e la presa della conca ampezzana.
Il Comando del Corpo d’armata rispose che non era possibile l’occupazione stabile del monte Piana perché il pianoro sommitale rimaneva sotto il tiro della potente artiglieria austriaca posta sui monti limitrofi, tuttavia, neppure il nemico avrebbe potuto rimanervi se l’artiglieria italiana si fosse sistemata lungo il fronte Misurina – malga Rinbianco – Forcella Longeres.
Il Comando della quarta Armata si orientò sin dai primi giorni di guerra ad utilizzare uno schema d’attacco che prevedeva un lento avvicinamento alle difese nemiche, da sgretolare con l’impiego della artiglieria pesante che non era ancora in dotazione dell’Armata. Infatti, nelle direttive del 7 aprile, il generale Nava vietò di prendere iniziative individuali, riservandosi ogni decisione in proposito. Tale stato di cose non piacque al Comando Supremo e il 22 maggio il generale Cadorna, in vista dell’entrata in guerra, ordinò a Nava di imprimere una maggiore energia offensiva alle operazioni della quarta Armata.

Il 23 maggio dal Comando della quarta Armata fu ordinato ai comandanti dei Corpi d’armata di essere “cauti ed avveduti”, infatti, prima di intraprendere ogni azione militare era obbligatorio far sapere al Comando per iscritto il piano d’attacco. Il risultato fu che la quarta Armata rimase inoperosa, dando al nemico la possibilità di trincerarsi sulle vette dolomitiche. Il Comando Supremo italiano si rifece sentire di nuovo con maggior vigore il 27 maggio e ordinò al generale Nava di guadagnare terreno con un balzo offensivo da effettuarsi immediatamente. L’ordine determinò l’avanzata delle truppe italiane verso Cortina, risalendo dalla località Zuel e si concluse con l’occupazione del passo Tre Croci e del paesino di Misurina, il 28 maggio.
Queste operazioni furono precedute da una audace esplorazione di una pattuglia condotta dal sottotenente Edmondo Matter (Nato a Mestre, e poi caduto in battaglia ad Opacchiasella) del 55° reggimento fanteria; egli già il 26 maggio si era recato al Passo Tre Croci trovandolo sgombro da truppe nemiche e vedendo l’assenza del nemico decise il giorno seguente di scendere a Cortina non trovando nessun antagonista. Quali testimoni che in paese non vi era traccia del nemico, si fece riaccompagnare al Passo dalle autorità civili presenti.
Questi primi giorni di “guerra” si conclusero il giorno 29 maggio quando le truppe italiane risalenti da Acquabona e Zuel entrarono a Cortina dopo 400 anni di occupazione austroungarica senza sparare un solo colpo di fucile, mentre quelle in marcia da Auronzo si stabilirono a Misurina, con obiettivo il Monte Piana e le Tre cime del Lavaredo.