Il Monte Nero è una montagna delle Alpi Giulie alta 2.245 metri, già in territorio italiano a cavallo tra la Prima e la Seconda Guerra Mondiale. Si trova in Slovenia, a pochi chilometri dal confine con il Triveneto. È la montagna più alta del bastione che si erge sulla sinistra del fiume Isonzo, e che dalla conca di Plezzo, digrada nella conca di Tolmino, dominando la vallata del medio Isonzo.
Deve il suo nome ad un errore di traduzione dallo sloveno “Krn”, che sta per «moncone», in ragione della conformazione tozza, confuso con “črn”, che vuol dire invece «nero». Deve la sua reputazione a una delle meglio riuscite e prime imprese militari italiane nel corso della Prima Guerra Mondiale e all’omonimo canto che gli dedicarono gli Alpini per celebrarne la conquista.
La conquista del Monte Nero era necessaria, dal punto di vista strategico, al fine di dare sicurezza alle nostre posizioni sulla sinistra dell’Isonzo e per lo sviluppo della manovra verso Tolmino.
La prima avanzata oltre l’Isonzo sulle pendici del Monte Nero fu eseguita con truppe di alpini e bersaglieri la mattina del 31 maggio 1915, nel pomeriggio il nemico contrattaccò ma venne respinto. Nei giorni successivi gli italiani tentarono più volte l’attacco, ma senza convinzione e con scarse possibilità di riuscita.
Il vero punto di svolta si ha però con l’arrivo del generale Donato Etna, figlio naturale di Vittorio Emanuele II, comandante dei gruppi alpini A e B della seconda armata, ed il suo piano di conquista del monte. Tale attacco doveva esser condotto di sorpresa con l’utilizzo di circa 1500 soldati. L’operazione era stata studiata secondo un piano ben preciso. Le truppe alpine del gruppo A dovevano muovere dalla quota 1602 del Kozliàk, e reparti del gruppo B dalla quota 2102 del Vrata. L’incarico dell’attacco dal Vrata fu affidato al battaglione Susa, comandata dal capitano Vittorio Varese. Invece l’attacco dal Kozliàk fu affidato al battaglione Exilles, comandato dal capitano Vincenzo Arbarello, mentre un’altra compagnia di questo stesso battaglione, comandata dal capitano Rosso doveva puntare la sella fra il monte Nero e il monte Rosso.
L’azione riuscì perfettamente. La colonna del capitano Arbarello, mossa dal Kozliàk alla mezzanotte, raggiungeva la sommità del monte prima dell’alba, e, piombata di sorpresa sugli austriaci, li travolgeva alla baionetta, in parte uccidendoli e in parte catturandoli.
Con eguale fortuna volgeva l’azione dalla parte del Vrata, dove gli alpini del Susa, irrompendo nelle trincee avversarie, costringevano oltre 200 soldati e 12 ufficiali austriaci alla resa. La conquista del Monte Nero fu così rapida e travolgente che gli stessi austroungarici la definirono un vero e proprio colpo da maestro.
Per essa i battaglioni Susa ed Exilles ebbero la medaglia d’argento al valore militare con la seguente motivazione: “I battaglioni Susa ed Exilles con mirabile ardimento, con abnegazione e tenacia, superate difficoltà ritenute insormontabili, dopo lotta accanita e cruenta, sloggiarono, di sorpresa, il nemico dal M. Nero, che assicurarono alle nostre armi (Monte Nero 15 – 16 giugno 1915).”
I contrattacchi nemici non si fecero attendere, ma furono respinti. In questo modo una parte del massiccio del Krn, il 17 giugno, risultava stabilmente occupato dagli alpini italiani.
Nel complesso l’operazione si concluse con la morte di circa centocinquanta avversari e la cattura di ottocento prigionieri, tra cui una trentina di ufficiali. Gli alpini italiani uccisi furono in tutto una ventina con un centinaio di feriti.